lunedì 4 luglio 2011

Sellaronda Hero 2011 - Resoconto

Profilo altimetrico e frequenza cardiaca
Vista del percorso fatto da google earth
Eccomi quà, rientrato da Selva di Val Gardena, dopo aver cenato e scaricato le foto scattate in questo fine settimana dedicato al relax ed allo sport immerso nella natura.
Dopo mesi di attesa è arrivato il momento di partire, venerdi mattina alle 3 sveglia e vestizione, come al solito per me alzarsi al buio mette tristezza ed angoscia, ovunque io vada e qualunque ne sia la destinazione. Mia madre come sempre sveglia che prepara la colazione, il borsone già pronto da giovedi sera, spero tra me e me di non aver dimenticato nulla. Mi vesto, vado in cucina, mangio qualche biscotto, e sorseggio un thè nero bollente, accatto una banana per il viaggio ed esco di casa. Fuori è ancora buio, arrivo davanti al bar, mi sdraio sulla panchina che si trova sotto la pensilina dell'autobus in attesa degli amici che alle 4 dovrebbero passare a prendermi. Infatti puntuali ecco Pacio, Natale e Dick con la vettura, carico il borsone e salgo dietro, manca Enrico il quale telefona e ci dice che sarebbe venuto su evitando di farci passare da casa sua. Alle 4.30 partiamo alla volta di Selva di Val Gardena, una pazzia, un momento atteso da mesi, una pazzia soprattutto per me ed Enrico che siamo iscritti al percorso lungo (82 km per 4200 metri di dislivello dichiarati), per me una scommessa vera e propria visto lo scarso grado di preparazione. Enrico provvede subito a ravvivare il clima con battute varie, poi ovviamente la discussione verte subito su quella che sarà la giornata clou di sabato, l'evento tanto atteso da tutti. I km volano, è l'alba, verso le 6.30 decidiamo di fermarci per una breve sosta in un Autogrill, il tempo di andare in bagno, azzannare un panino col prosciutto e bere un succo alla pesca e si riparte. Intanto ci chiamano gli altri del gruppo che erano all'altezza di Falconara più indietro rispetto a noi che eravamo appena usciti dalla regione Marche. I Km scorrono rapidamente sotto le ruote, il traffico non è eccessivo e dopo 6 ore esatte arriviamo a Selva di Val Gardena.
Inutile dire lo spettacolo che si apre alla vista, montagne ovunque, boschi, prati verdi e curati, casine di legno dalla tipica architettura tirolese, temperatura frizzante nonostante il sole battente. Troviamo subito il nostro garnì, è situato a meno di 500 metri dalla piazza centrale, come tutte le case del posto è grazioso, gestito da una coppia sulla settantina, gioviale direi, persone gentili ed ospitali, poco tedesche e molto italiane, solo l'accento fortemente tedeschizzante lascia intravedere o meglio ci ricorda che ci troviamo in un mondo diverso da quello a cui siamo abituati.

Il Garnì che abbiamo scelto
Provvediamo subito a scaricare le nostre biciclette ed a riporle in garage, dopodichè prendiamo possesso delle nostre camere, portiamo su i borsoni. A me tocca una cameretta al terzo piano con Natale ed Enrico. Cameretta confortevole con bagno, dalla finestra visuale incantevole, prati e montagne a vista d'occhio. Prepariamo l'abbigliamento per la gara di sabato mattina, si discute tra noi sull'opportunità o meno di abbigliamento invernale, guanti lunghi o corti, giubbino antivento o smanicato, una borraccia o due o zainetto idrico? Insomma i soliti discorsi tra bikers non professionisti che invece di preoccuparsi delle tattiche di gara, si preoccupano di trovare al più presto un ristorantino decente, di non prendere eccessivamente freddo all'indomani etc etc. Preparato l'abbigliamento per il giorno della gara, sistemate le borse, rinfrescati, decidiamo di uscire e farci una passeggiatina per Selva di Val Gardena alla ricerca principalmente di un ristorantino dove desinare, ma prima Enrico deve mettere mano alla sua bike, il giorno prima di partire aveva subito un piccolo danno all'impianto frenante, così nel mentre anche io approfitto per sistemare la telecamerina Contour Gps appena acquistata sul manubrio della bici e di gonfiare le sospensioni.

Tra una battuta ed un altra alla fine Righetto e Natale terminano la manutenzione della bici e ci muoviamo per fare una passeggiata verso Selva di Val Gardena, inutile dire che lo sguardo spazia verso quelle montagne consacrate "Patrimonio dell'umanità dall'Unesco". Colpisce l'ordine e la pulizia, il decoro e soprattutto l'assenza di caos, la pace e la tranquillità regnano sovrani in questa vallata, una pace che all'indomani sarà rotta dal fruscio di tanti copertoni che saliranno su quelle erte sterrate.
Da un lato certi panorami ti rilassano e ti fanno capire quanto il mondo che ci circonda sia prezioso, bello, ed ospitale e quanto noi umani riusciamo a complicarci l'esistenza non rispettandolo. Da un lato però, osservare quelle montagne maestose, quei sentieri che a malapena si intravedono, ti mette ansia, dici tra te e te, ma io domattina mi devo arrampicare fin lassù? Non ce la farò mai, il bello è che lo pensi ma non osi dirlo per non causare lo sfottò micidiale dei compagni di squadra nella fattispecie Cicino.

Piano piano arriviamo nel centro di Selva di Val Gardena dove incontriamo gli altri cingolani arrivati da poco, scambiamo quattro chiacchiere con tutti, subito sfottò e prime foto. Nella piazzetta è già tutto un via vai di bikers provenienti da ogni dove anche dall'estero (Slovenia, Austria, Germania, Svizzera, Francia etc) gente che si ritrova sistematicamente ad ogni gara, gente che abita a centinaia di km di distanza, gente conosciuta sui social network o nei forum dedicati a questo sport, una pratica quella della mountain bike che fa nascere molte amicizie tutte all'insegna della cordialità e dello sport all'aria aperta.
Nel frattempo si fanno le 12.30, urge trovare subito un "restaurant", noi siamo quelli della pagnotta, si pedala è vero ma "quanno sà da magnà sà da magnà", e come sempre succede quando il gruppo è numeroso, c'è sempre chi mangerebbe un panino, chi invece come me e Cicino non rinuncia ad un buon piatto caldo. Alla fine si prende la decisione, entriamo da Rino una locanda dall'aspetto invitante ed infatti al suo interno c'è il pienone, buon segno questo. Ci si siede, ovviamente io e Cicino affiancati, il cameriere è Pakistano, un pakistano che parla non solo bene l'italiano ma lo fa anche  con una inflessione Trentina. Siamo disposti su due tavoli, tutti alla fine optiamo per i carboidrati visto l'impegno agonistico della mattina successiva, in teoria non dovremmo bere vino, nemmeno l'acqua gassata, solo sughi semplici, leggeri, carboidrati semplici come pasta integrale, ed invece è l'apoteosi. In pochi rispettano la regola del ciclista, io e Cicino non sappiamo resistere al sugo di capriolo, idem Palmiano e Carlo Alberto, qualcuno opta per il classico pomodoro e basilico, altri per le penne arrabbiate, qualcuno per la polenta. Per secondo insalatone, affettati e crescia. Insomma siamo proprio incorreggibili, non miglioriamo mai, però devo dire che il ristorante alla fine non era male, la pasta pensavo non fosse un granchè invece era ben cotta e il sugo niente male.                                                                                        
Qui a fianco io e Cicino nella piazzetta di Selva di Val Gardena poco prima di andare a pranzo. Come si può ben vedere forma super smagliante per entrambi. Siamo perfettamente pronti per affrontare il pranzo, la prova più impegnativa. Lui ovviamente vuol far notare come sia più in forma del sottoscritto.
Siamo costretti a mostrare le cosce
Io e Cicino in un brindisi prima di dare inizio alle danze
Io Enrico e Dick in attesa di entrare al ristorante

Palmiano ha fatto secco un capriolo
E si cenaaaaaaa















Finito il pranzo qualcuno va nel Garnì a dormire, qualcuno a spasso e poi tutti a ritirare i pacchi gara nella piazzetta. Io, Dick, e Pacio decidiamo di farci un giretto per Selva di Val Gardena e poi di salire in cabinovia fino al Dantecerpies, la prima terribile salita di giornata, 5 km circa per 700 metri di dislivello. In cabinovia, mentre saliamo verso la vetta, vediamo dei biker che salgono su quella salita, mi domando, ma io domattina devo salire di qui? Ma siamo matti? Ma come ci ho pensato. Io non ce la faccio, schiatterò qui nella prima salita che vergognaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.
In cabinovia verso Dantecerpies





Arrivati in cima lo spettacolo è mozzafiato, lo sguardo si perde tra vette maestose e più in basso prati, boschi, stradine, mulattiere. La temperatura è rigida un bel pò, direi moooolto fresca. Penso tra me e me chi mi porterà fin li domattina? E pensare che questa è una delle 4 salite che dovremo affrontare, ammesso che si finisca per superare la prima, le altre come le affronteremo? Guardo lontano, sullo sfondo vedo Arabba, e li ci dovremo arrivare, poi risaliremo verso Pralongià, Campolongo, Corvara, Porta Vescovo, Passo Pordoi, Canazei, Campitello di Fassa, Passo Duron, Santa Cristina e di nuovo Selva di Val gardena. Al solo pensiero sto male, ma ormai è tardi, non si può tornare indietro. Scattiamo qualche foto dal terrazzone, l'aria punge, mi metto il maglione sento proprio che non è il clima ideale per fare il vitellone da spiaggia. Mentre facciamo qualche scatto, sotto arriva qualche bikers che ha provato la salita del Dantecerpies in anteprima, scambiamo qualche battuta e capisco che non sarà affatto una passeggiata, dentro di me penso che sono matti, sprecare le energie il giorno prima della gara, a me sembra già di essermi stancato salendo in cabinovia. Rientriamo nel locale e ci sediamo ad un tavolo per un thè con una specie di Rhum. Caldo, bollente, però sono sincero fa schifo, dolciastro una specie di Punch bleeeeaaarrrkkkk, mi mette solo sete. Alla fine decidiamo di rientrare alla base per ritirare i pacchi gara. La piazzetta di Selva di Val Gardena è colma di bikers provenienti da ogni dove, per il ritiro dei pacchi gara si è già formata una lunga fila, alcuni dei nostri sono già in posizione, decidiamo di non perdere tempo e di metterci in fila sotto il sole anche noi, prima si inizia e prima si finisce. 
La fila per ritirare il pacco gara


Io e il forumendolo Alfà dalla Toscana


Mentre sono in fila sotto il sole si avvicina un biker che mi chiede se sono Bikersgiant alias il Toro dell'Adriatico, e io gli dico si sono proprio io e tu chi sei? Lui sorridente mi da la mano e si qualifica come Alfà il forumendolo Alfà. Gli chiedo come abbia fatto a riconoscermi e lui ridendo ha detto :"si sentiva in tutta la piazza un profumo di Dopobarba allo zafferano e basilico e mi sono detto ci deve essere Bikersgiant in giro". Ci siamo messi tutti a ridere perchè erano giorni che sul forum http://www.mtb-forum.it/ dicevo di avere acquistato in erboristeria questo dopobarba allo zafferano e lui scherzosamente ne ha approfittato. Dopo di lui sono arrivati altri due bikers veneti mi pare, anche loro membri del forum che mi si sono avvicinati chiedendomi se fossi il Toro dell'Adriatico. Piano piano insomma come sempre avviene in queste manifestazioni si finisce per conoscere un sacco di gente nuova che condivide con te la stessa passione per la bicicletta, l'ambiente, lo sport. Infine ecco i migliori gli sbubbybikers dall'Emilia Romagna, i forumendoli Achille e Teora, due inseparabili bikers che girano l'Italia e non solo in sella alle loro biciclette e con i quali ogni tanto ci siamo incontrati. Anche con loro la foto ricordo è d'obbligo.
Scambiamo quattro chiacchiere, commenti sulla gara del giorno dopo, poi ognuno prende la sua strada non appena abbiamo ritirato i pacchi gara. Veramente una piccola incazzatura l'abbiamo rimediata anche oggi. Purtroppo due nostri compagni di squadra, all'ultimo momento non hanno potuto partecipare e non sono venuti a Selva. Come sempre avviene, quando qualcuno che ha regolarmente pagato l'iscrizione non può venire, gli altri si premurano di ritirargli il pacco gara in modo da portargli il gadget che in questo caso è uno zaino e una maglietta da gara. Ebbene non c'è stato verso di farsi dare il pacco gara nonostante i nostri compagni avessero pagato regolarmente l'iscrizione. Ritirati i pacchi gara si torna velocemente al Garnì per riporlo e poi di nuovo al centro per cercare un ristorante dove cenare. Stavolta non è facile, tutti i ristoranti sono pieni, camminiamo un bel pò prima di riuscire a trovarne uno. A me non ispira molta fiducia, non so perchè, non c'è molta gente mentre negli altri ristoranti c'è la fila fuori. Ormai siamo in ballo e  balliamo. Anche stasera carboidrati, io e qualcun altro ci spariamo uno spaghettone aglio, olio e peperoncino, e per secondo un insalatona. Un bel vino rosso a coronamento della cena. Bè alla fine ammetto che non abbiamo mangiato male. Verso le 22.30 ci alziamo da tavola, stanchi, anche un pò tesi, nessuno lo vuole ammettere, ma quello che ci aspetta la mattina dopo un pò ci fa pensare. Fuori dal ristorante l'aria è rigida, anzi è proprio freddo, il cappuccio che ho in testa non basta, nemmeno il maglione mi riscalda a dovere, meglio affrettarsi verso il garnì e mettersi sotto le coperte. In camera si controllano le ultime cose, tutto pronto, la telecamerina la metto a caricare, idem per il cellulare, preparo 20 euro da mettere nel taschino, non si sa mai potrebbero tornare utili la mattina dopo, l'abbigliamento è tutto pronto, ci sdraiamo, un occhiata alla televisione, e visto che non c'è nulla di interessante spegniamo le luci e proviamo a dormire. Non nego che non dormo molto, purtroppo quando cambio letto e sono fuori casa, specialmente la prima notte, non riesco a prendere sonno. Non mi addormento subito e comunque mi sveglio diverse volte, è normale, speriamo che l'aver dormito in maniera non ottimale non sia pregiudizievole per la resistenza in gara. Ogni tanto quando mi sveglio guardo l'orologio, e non è mai ora di scendere, meglio così, ho sonno, sono stanco e non mi va di alzarmi, finchè arrivano le 6, maledettamente le 6.
Scendo e vado in bagno, intanto anche Enrico e Natale si svegliano, ricontrollo tutto l'armamentario, è tutto ok, inizia la vestizione prima di andare a colazione al piano terra. Enrico come al solito si inventa qualcosa di suo, indossa sotto i pantaloncini da gara, dei pantaloncini imbottiti tipo quelli da sub, dice che considerato che dovrà pedalare tantissime ore, gli serviranno per il soprasella, gli faccio i miei auguri in quanto non credo che siano molto traspiranti. Andiamo al piano terra dove la signora ci ha preparato la classica colazione, tavola imbandita (thè, caffè, latte, succo d'arancia, succo di mela, marmellate varie, salame, prosciutto cotto, biscotti, cioccolata, yogurth magro, patè d'oca, fiocchi d'avena). Io prendo (come ormai faccio da anni), una tazza di thè alla quale faccio seguire un bicchiere di succo d'arancia, mangio una fetta di pane integrale con marmellata e un panino con prosciutto cotto, infine uno yogurth.
E' ora di alzarsi, si torna in camera per gli ultimi preparativi, ho scelto di mettere nello zaino un giubbino antivento e antipioggia smanicato che avevo ricevuto anni prima in una edizione della Dolomiti Superbike, per coprire le braccia dal freddo delle discese o di un eventuale chiusura del cielo con nubi e conseguente abbassamento della temperatura, ho scelto di mettere dei manicotti che all'occorrenza posso tirare giù se fa troppo caldo, sulle spalle lo zainetto dove ho riposto camere d'aria, barrette energetiche, integratori in gel, attrezzi per riparare una foratura etc. Poi giù in garage, monto il mio Garmin Edge 705 (navigatore con cui memorizzerò il percorso e tutti i dati anche del cuore, calorie bruciate, cadenza di pedalata etc etc), poi è la volta della telecamerina HD Contour Gps, è nuova di zecca, non l'ho mai usata. Una volta sistemata sul manubrio, controllo che la direzione delle riprese sia giusta attraverso i puntatori laser. Infine foto di gruppo nel cortile del garnì anche se qualcuno è già scappato per il riscaldamento.

Inforco la mia bici e via direzione Selva Centro. In giro è tutto un via vai di bikers con maglie colorate, tutti in fase di riscaldamento.
Provo a girare un pò per Selva in bici, in pochi minuti noi di Cingoli siamo già finiti uno qui, uno li uno di la, cerco di pedalare agile, di far girare la gamba con calma, pedalo in salita su asfalto, percorro il primo tratto subito dopo la partenza fin dove finisce l'asfalto, il mio problema è sempre la partenza, il motore va sempre subito fuori giri, il cuore schizza in alto, il fiato non si rompe e mi sembra sempre di scoppiare da un momento all'altro. Figuriamoci in gara, quando per sgranare il gruppo gli organizzatori mettono sempre una salita all'inizio, uno, due, tre e si parte, e giù a pedalare, e io in coma sempre per almeno 8/10 km. Oggi spero che non succeda, dicono dipenda dallo scarso allenamento in primis, poi dal fatto che si è fatto poco riscaldamento e male, e inoltre il problema è ancora peggiore se si parte sparati oltre i propri limiti. Oggi deve essere diverso, i km sono tantissimi, il dislivello è elevato, non ho mai fatto un dislivello simile, quindi le parole d'ordine sono due: 1) Cercare di fare un riscaldamento adeguato dopo una colazione adeguata, 2) Non tirare subito a manetta ma pedalare agile e tranquillo secondo le proprie attitudini. Dopo un pò visto che le griglie si vanno riempendo, decido che il riscaldamento può bastare ed insieme ad Enrico entriamo in griglia.  Siamo tanti, credo proprio che i 1500 decantati come tetto massimo nelle iscrizioni, sia stato raggiunto abbondantemente.

Nel mentre sono in griglia insieme ad Enrico, mi bussa su una spalla un altro biker dietro di me, anche lui è uno del Forum, incredibile come in queste gran fondo anche grazie ai Social Network ed ai Forum si conosca tanta gente alla quale sei unito da una sana passione per uno sport sano. Noto subito che l'attesa ha qualcosa che non và, manca la musica, una musica sparata che aiuti lo speaker a rendere l'attesa più adrenalinica.

Girando il capo indietro nella griglia









      Mentre aspettiamo, ecco alzarsi in volo l'elicottero della RAI che farà le riprese. Sentire il suo rumore emoziona, la tensione sale, ormai manca pochissimo. Nessun biker parla, tutto intorno è un pullulare di gente, familiari dei bikers, curiosi, turisti etc etc etc. Lo speaker dice che manca pochissimo, 5 minuti scarsi, ormai ci siamo.
Il pensiero corre alla prima salita di giornata, il Dantecerpies che ci porterà poi  a Passo Gardena e successivamente ad Arabba. Il giorno prima siamo saliti in cabinovia, e già li mi ero spaventato. Boh? Chi vivrà vedrà. Manca un minuto, la concentrazione sale, tutti in silenzio, si sente solo lo speaker che fa le ultime raccomandazioni ai partecipanti. Poco dopo ecco la partenza, buumm uno sparo i bikers vengono sguinzagliati, si parte, di colpo scompaiono in me quei sentimenti di apatia che mi pervadono prima di ogni gara. Si va piano un pò perchè siamo in salita  ed un pò perchè siamo parecchi e onde evitare capriole dannose meglio contare fino a 10. Il tratto asfaltato scorre via veloce, l'andatura è lenta per l'affollamento, meglio così, uno dei punti deboli del sottoscritto sta proprio nelle partenze lampo e nel fatto che spesso rimango solo. Appena lasceremo l'asfalto per la strada brecciata, cominceranno i dolori, infatti da li inizia un lungo tribolare di circa 5 km per circa 700 metri di dislivello. La pendenza è superiore al 20%. Ecco la stazione di partenza della cabinovia, li finisce l'asfalto, si vede già la strada bianca che si impenna, dico tra me e me "io arrivato li scendo e spingo a piedi" poi sempre tra me e me mi dico "Pirla ma vedi quante persone sono ai margini della strada? Scendere ora significherebbe la derisione totale, e poi come pensi di fare 82 km se scendi dopo 2 km?" Così arrivo alla strada brecciata, alzo lo sguardo e vedo una fila interminabile di ciclisti che sale zigzagando sul Dantecerpies. Il cambiamento tra l'asfalto e la strada bianca si sente, la bici non scorre più bene, le gambe accusano il colpo, stringo i denti, lo sguardo corre subito al display del Garmin che funge anche da Cardiofrequenzimetro, la mia preoccupazione più immediata è quella di tenere il cuore sotto soglia, guai ad andare fuori giri subito, non devo andare in acido lattico altrimenti sono fregato e potrebbero arrivare i crampi nel bel mezzo della gara. Provo a concentrarmi, chiudo un secondo gli occhi e cerco di respirare profondamente col naso, cerco di fare in modo che il respiro sia scollegato dalla pedalata, il cuore deve rimanere tranquillo, la gamba non deve farsi prendere dalla frenesia, metto il rampichino che solo a fine gara alcuni mi fanno notare quanto io sia stato pazzoide ad affrontare la Sellaronda con il 28 dietro mentre oggi tutti montano il 32 o addirittura il 36, questo significa che io pedalo in salita con almeno due marce in meno degli altri.


Tutto intorno è silenzio, ora non parla più nessuno, si sente solo il fruscio dei copertoni delle mountain bike che scorrono faticosamente sulla salita, qualcuno ogni tanto pedala lateralmente cercando di passare sull'erba poichè la pendenza ed il fondo a volte rendono difficoltoso lo stare in piedi a bassi regimi. Nessuno parla, tutti concentrati, intorno le cime maestose, per fortuna il primo tratto è in ombra e quindi si riesce anche a non farsi prendere dall'afa, mi accorgo che nonostante la fatica, la schiena pare reggere, le mie 3 vertebre schiacciate non fanno i capricci, il mio sedere idem, la pedalata è regolare, il cuore non sale, insomma pensavo peggio. Ad un certo punto davanti a me vedo una maglia rossa e nera, una maglia familiare, ormai Enrico il mio compagno di squadra è partito, mi ha staccato, lui è più allenato di me, nel frattempo il biker con la maglia rossa e nera, è sempre più vicino, pedala anche lui con il suo ritmo, per un pò gli sto dietro, è uno degli sbubbybikers, gli sto a ruota, poi dopo un tornante comincio a superarlo, lo affianco, a questo punto lo riconosco, è Teora. Cavolo mi dico, qualcosa non torna, lui è più allenato di me, prende spesso la bici eppure è qui con me. Piano piano lo stacco, rimane indietro, la mia pedalata è più fluida, continuo a salire, guardo in alto e in lontananza vedo la cima, di strada ce ne è molta ancora. Ad un certo punto la pendenza si fa più pesante, la velocità già blanda diminuisce, gli occhiali mi si appannano col vapore del sudore, non posso lasciare la mano dal manubrio, con oltre il 20% di pendenza ed il fondo non certo liscio rischierei di cadere o di perdere aderenza col terreno, allora soffio verso gli occhi nella speranza che le lenti si ripuliscano quel pò che mi permetta di vedere dove poggiano le ruote, ma niente da fare. Ad un certo punto quello che temevo, non vedendo dove mettevo le ruote, finisco per beccare un tratto più ghiaioso e la ruota gira a vuoto, così che metto il piede a terra. Ne approfitto per ripulire le lenti degli occhiali e per tirare il fiato, estraggo la macchinetta fotografica, aspetto Teora e gli faccio una foto.

Teora spinge sul Dantecerpies

Spingo per qualche decina di metri, cerco un punto meno ripido dove mettere la bici di traverso e poter risalire in sella. Spingere a piedi  non è il massimo, avevo si comprato scarpe nuove e comode, proprio perchè sapevo che c'erano tratti in cui spingere a piedi, ma comunque non pedalare porta alla lunga a mal di schiena, braccia, crampi ai polpacci e indolenzimento dei piedi. Risalgo in bici e risupero Teora, ormai l'ombra nn c'è più, il sole è alto, picchia, davanti a me centinaia di ciclisti in religioso silenzio piegati sul manubrio che spingono sui pedali nel tentativo di arrivare in cima, non è facile per niente, soprattutto in alcuni punti lo stesso equilibrio viene meno e la foto qui sotto lo dimostra.
L'equilibrio in salita è precario ah ah ah ah

Alzando lo sguardo comunque lo spettacolo è impressionante, dalla vetta scendendo giù giù ci sono centinaia di ciclisti che pedalano o spingono a piedi.
Si ricomincia a pedalare, piano piano, l'obiettivo è fare Passo Gardena, arrivare lassù indenni. Fisicamente sto bene, la gamba gira, il cuore non sale, e il primo mostro di giornata alla fine pare essere domabile. Facciamo una foto ricordo con Teora poi si tira dritti alla vetta.
Finalmente dopo un tornante a sinistra, si intravede la sommità, qui la pendenza come si vede nella foto dopra si accentua, in molti scendono, io no, vedo un tipo la cui faccia non mi è nuova, barba bianca, macchina digitale in mano, si affanna a fotografare quelli che passano, lo riconosco, è lo zio, Natale, un settantenne che ha più grinta di un ventenne, uno che pedala e si gode la vita, è un amico di facebook, l'anno scorso la Sellaronda la fece in 10 ore e 15 se non ricordo male. Gli grido con quel poco di fiato che ho, lo chiamo per nome, NATALEEEEE e lui si gira cercando di capire da dove venisse la voce, mi individua, e pur conoscendoci solo tramite facebook, si fionda in posizione per scattarmi una foto, alla fine ci riesce e mi prende nel massimo sforzo piegato in due sul manubrio

Io fotografato da NATALE il mitico ZIO
Finalmente si scollina, c'è gente lassù, mi fermo qualche minuto ad ammirare il panorama e faccio un paio di foto, tiro fuori dallo zaino il giubbino antivento, in discesa servirà senz'altro, aziono la mia telecamerina per riprendere la discesa dal Dantecerpies sperando di aver capito come funziona, intanto Teora passa senza fermarsi, e così Natale Del Bianco, Carlo Alberto e Carlino oltre a Diego.
Finalmente inizia la discesa, la tanto agognata discesa, mi fermo un attimo al primo ristoro, prendo uno spezzone di banana e bevo un bicchiere di acqua e sali minerali e poi riparto, la telecamerina non è fissata bene e ogni tanto abbassa la visuale, allora mi fermo di nuovo a fissarla, la discesa verso Corvara è bella, piacevole, ma mi rendo subito conto che di gente che va in discesa ce ne è davvero poca. E non mi sbaglio, infatti ad un certo punto, nel tratto più tecnico e forse più divertente, si forma una fila di gente a piedi, un peccato, tocca fermarsi, e scendere, una settantina di metri a piedi e poi si risale, poi un altra strozzatura ci fa scendere, mi dico ma mannaggia dove hanno pedalato fino ad oggi questi? La discesa non è niente di che. Poi finalmente si torna a guidare in sella. Ad un certo punto arriviamo a Corvara, ecco il tappetino con il chip, sono nel tempo previsto, da qui si riprende a salire mannaggia, si va a Campolongo, strada bianca, si ricomincia a soffrire e si soffre ancora di più perchè Corvara è la prima deviazione tra percorso lungo e corto per cui noi che andiamo sul lungo rimaniamo in pochi essendo ormai nelle retrovie. Inizio a salire e come sempre succede quando rimango nelle retrovie, la salita comincia a pesarmi soprattutto di testa. Raggiungo un biker abruzzese che è stato lasciato indietro dai propri compagni, dopo un pò mi fermo a far pipi e sgranocchio un pezzo di barretta. Infatti sulle riviste consigliavano di alimentarsi poco alla volta dopo la prima ora di gara. Un pezzetto di barretta ogni mezz'ora di pedalata circa. Scatto anche un paio di foto e poi riprendo a pedalare, ma più si sale e più la salita si impenna, le gambe cominciano a soffrire e la testa anche. Continuo a ripetermi che quella salita del cavolo non mi piace, non mi piace per niente, anche perchè vedere così pochi bikers davanti e dietro mi deprime. Cerco di distrarmi, sò che se inizio a fissarmi con questa cosa è la fine e smetterò di pedalare.


Appena lasciata Corvara
 

Dalla salita del Campolongo volgendo lo sguardo indietro

Queste sono le salite che odio
Davanti a me come si vede dalla foto sopra si staglia la salita che porta a Campolongo, e al Pralongià, strada bianca con brecciolino fine, non ripidissima, ma quel genere di salita che odio, vedere la salita lunga senza soluzione di continuità davanti a me, mi toglie la voglia di pedalare, ed infatti metto più volte il piede a terra. Siamo in pochissimi, dopo la deviazione corto/lungo il gruppo si sgrana e si rimane in pochi, una situazione non ottimale per il morale del sottoscritto. Stringo i denti, poi la salita nell'ultimo tratto si impenna, scendo e proseguo a piedi, sò che è un massacro, le gambe si indolenziscono, idem le braccia, insomma andare a piedi spingendo la bici ti massacra ma è l'unico modo che in quel momento mi pare di conoscere per andare avanti. Nell'ultimo tratto alcuni passeggiatori ci applaudono e ci incitano, chiamo uno di loro, gli do la macchinetta fotografica e mi faccio riprendere.
Questa salita l'ho sofferta tantissimo sebbene rispetto al Dantecerpies non fosse così ostica, ma si sà la bici è complicata. Si scollina, il panorama è fantastico sconfinato, pochissimi biker si vedono in giro, qualcuno dietro di me e qualcuno davanti a me.



 Come al solito perdo tempo a fare foto, sono un disastro, così anche altri mi raggiungono e mi passano. Mi fermo ad ammirare il panorama insieme ad un ragazzo sloveno, il quale per mia fortuna mi richiama proprio nel mentre stavo sbagliando strada, stavo per andare giù a capofitto in una discesa che non so dove cavolo mi avrebbe portato. Scatto ancora qualche foto prima di andare verso il Pralongià e buttarmi in discesa verso Arabba.





                                                 VIDEO DISCESA DAL PRALONGIA'
La discesa non è impossibile, scorrevole, veloce, fondo compatto, l'unica insidia è rappresentata nel primo tratto dal brecciolino in curva che se non presti attenzione ti porta a scivolare rovinosamente. La vista gode e le gambe anche, poi il godimento finisce, la strada diventa sterrata e ricomincia a salire leggermente riunendosi col percorso corto come si vede dal video sopra. Si entra in un sottobosco, piacevole, fosse tutta così ci metterei la firma subito. Ho sete, comincio ad accusare la sete, un pò l'altura, un pò la lunga salita della quale una parte affrontata a piedi, l'acqua nella borraccia la sorseggio poco alla volta perchè non so dove ne troverò altra e pertanto meglio non prosciugarla tutta e subito. Finalmente dopo un pò proprio in quel sottobosco trovo una fontanella realizzata simpaticamente con un tronco d'albero come si vede dalla foto. E' un miraggio, mi ci tuffo e mi disseto, è freschissima, approfitto per sedermi un attimo e sperare di recuperare un pò di energie, arrivano due bikers, scambiamo quattro chiacchiere e poi ripartiamo.
Io appena rinfrescato alla fontanella

Si pedala ancora piacevolmente nel sottobosco, è fresco, la natura è fantastica, ogni tanto incrociamo qualche escursionista a piedi che sorridendo ci guarda, qualcuno azzarda un timido saluto. Ad un certo punto si ricomincia a scendere nel sottobosco, una bella discesa, single trek, radici, sassi, una discesa a tratti veloce, a tratti tecnica, non difficile, ma guai ad abbassare la guardia, ed infatti proprio io rischio grosso un bel pò. Infatti vuoi per la stanchezza, vuoi perchè la discesa la amo, lascio andare i freni e mi dedico un pò alla guida adrenalitica. Ad un certo punto degli scalini in legno fatti con dei tronchetti dall'uomo, nel mezzo del sentiero, rappresentano per me un ostacolo imprevisto, in condizioni normali sarebbe stata una stupidaggine ma qui averseli trovati improvvisamente davanti con l'alternativa di bypassarli transitando a destra o a sinistra, rappresenta un rischio vista la velocità impostata. Mi rendo conto che è tardi per imboccare qualunque sentiero, la mia ruota anteriore punta dritta agli scalini, freno decisamente col posteriore, e più timidamente con l'anteriore nella speranza di fermarmi prima degli stessi gradini.
Arrivo sul bordo del primo scalino, giusto giusto per fermarmi in tempo, ma la bici si impunta e la ruota posteriore si impenna a mò di cappottamento. Riesco a non finire in terra, sgancio in tempo i piedi dai pedali, ma la sella mi assesta un bel colpo nel soprasella, inutile dire che il dolore c'è stato, ma dopo qualche minuto tutto passa, l'adrenalina scende, e decido di ripartire fino a che non si arriva ad Arabba dove dovremmo trovare un piccolo ristoro. Infatti lungo l'asfalto c'è un tavolo con un ragazzo, mi fermo sorseggio un bicchiere di acqua e mangio mezza banana poi riparto subito. Sono arrivato al ventiseiesimo kilometro, solo maledettamente 26, ne mancherebbero circa 56, ancora 56 maledetti kilometrozzi. Come diceva il buon Lubrano, "A questo punto sorge spontanea una domanda" e la domanda come è logico che sia è la seguente: Ce la farò a portare a termine la gara? Quanti di questi 56 km residui mi rimarranno sul gozzo? Della serie "Chi vivrà vedrà". Dopo la brevissima pausa al mini ristoro, riparto, vedo gente sull'asfalto e questo mi rasserena l'animo, pedalo, sotto l'asfalto scorre bene, la strada è in leggera pendenza, sale appena diciamo o meglio chiamiamola falsopiano finchè inizia a scendere fino ad entrare nel paesino di Arabba. Pieno di gente, che passeggia ma non mancano bikers su strada che pedalano per il giorno dopo. Attraverso Arabba rinfrancato, la strada è in discesa, metto il 42 davanti e dietro scalo tutti i rapporti fino al più piccolo, le gambe sembrano aver ripreso vigore, voglio recuperare un pò di tempo perchè se non ricordo male, nel giro di 4 km inizierà l'inferno vero e proprio. Infatti lungo la strada asfaltata recupero qualche biker, ci dò dentro senza però strafare, anche perchè sento un polpaccio fare un pò le bizze, non vorrei che mi scoppiassero i crampi ora. Al 28mo km attraverso un altro paesino "Alfauro", la strada continua con una leggera discesa sempre asfaltata, si arriva a Renaz un altro paesino tipico, poi ancora discesa fino a Pezzei se non ricordo male, qui una svolta secca a destra in discesa, e poi ti accorgi che la musica di li a poco cambierà, cambierà maledettamente, da una soave musica di flauti e arpe suonata da ancelle in topless diventerà una musica degna della colonna sonora di un film di Dario Argento. Siamo al 30mo km o poco più, i testi sacri letti nei giorni prima :)) dicevano che al 30mo km finiva la pacchia. Infatti si comincia a salire, la pendenza inizialmente non è esagerata, salgo bene, ci sono altri bikers con me, sia davanti che dietro, il garmin segna pendenze che iniziano dal 5%, per salire poi all'8%, 12%, 17%. La strada è asfaltata, tutto intorno è bosco, si pedala bene, dico tra me e me, ma è questo il girone infernale? Guarda te se questi del comitato organizzatore si dovevano inventare sta cosa dell'estremo quasi impossibile per attirare la gente. La pubblicità è l'anima del commercio come si dice. I primi 3 km di salita scorrono via bene, al lato della strada ci sono 3 bikers dello stesso team fermi a riposarsi, li sento che disquisiscono su quanti km abbiano fatto, e siccome uno stava dicendo una scemenza ovvero stava affermando che avevano percorso 36 e rotti km, approfittando anche io per fare un sorso alla borraccia, mi fermo un secondo e spiego loro che siamo solo al trentaduesimo km e mezzo. Ripartiamo, questa piccola sosta non mi ha giovato granchè sinceramente, mi sento di colpo più debole, la pendenza diminuisce scende all'8% fino addirittura a diventare per qualche centinaio di metri pianeggiante, ma poi si ricomincia a salire, al 33mo km finisce davvero la pacchia, non si scherza più, mi guardo intorno e non vedo più molti bikers, qualcuno ha mollato prima, altri sono avanti, insomma capisco che me la dovrò vedere da solo, dovrò ciancicare qualche improperio per non sentirmi solo in mezzo ai quei boschi. Da qui comincia credo la famosa salita dell'Ornella, 3 km con pendenze assurde, si arriva al 35mo km con il picco del 35% di pendenza, da vomito, sullo sterrato metto poco dopo il piede a terra, il fondo non è molto praticabile, sassi, radici, pietrisco, all'inizio alterno spinte a piedi e tratti in sella, ma poi andando avanti il morale scende sotto i tacchi, la bellezza del paesaggio scompare, i pensieri si fanno sempre più tristi, la fatidica frase "Ma chi me l'ha fatto fà" riecheggia sempre più spesso nella mia testa. L'arsura si fa risentire, cerco di bere spesso a piccoli sorsi, non so dove accidenti troverò il prossimo ristoro, mangio anche qualche pezzetto di barretta ogni tanto per evitare crisi di fame improvvisa. Silenzio assoluto, rotto di tanto in tanto dal rumore della motoscopa o di un tipo dell'organizzazione che fa avanti e indietro con il Quad. Odio vedere la motoscopa che mi tallona. Dietro  ci sono almeno 4 sfigati come me, davanti ne ho altri due o tre.

Poco prima di arrivare a Pezzei

Ecco l'inizio del mostro "L'Ornella"
Si sale si sale si sale, non si vede altro che una lercia, lurida, odiosa, salita di cacca. Odio questa salita, come se non bastasse ci si mettono anche alcuni compagni di squadra, comincia Dick che mi chiama al cellulare, mi fermo, rifiato, tribolo un attimo per tirare fuori il nokia dal taschino posteriore della maglietta, ho lo zainetto che mi preclude l'accesso al taschino, devo togliere i guanti, Dick vuol sapere quanti km ho fatto, gli dico che sono all'incirca al 35mo km, lui idem forse qualcosina di più ma sta facendo il corto. Riparto, spingere con quelle pendenze diventa una tortura, sto attento a non stendere troppo la gamba, ho paura di prendermi i crampi, nello stesso tempo mi alterno un pò alla destra della bici un pò alla sinistra, questo per evitare il mal di schiena. Sete, sete, sete, mi convinco che ho tanta sete, ma non è solo sete d'acqua, voglio acqua saporita, al gusto limone o di arancia, insomma acqua e sali minerali, mordicchio un pezzetto di barretta ogni tanto, ma non mi và molto, mi rendo conto che sono saturo di quella robaccia. Le forze se ne stanno andando, guardo indietro per capire se quelli che mi seguivano sono ancora in gara o si sono ritirati. Intanto nel tratto peggiore, vedo uno dell'organizzazione fermo a controllare che tutto vada ok, gli chiedo quanto ancora c'è da tribolare e lui mi dice altri 500 metri circa poi spiana. Un pò mi rincuoro, ma svanisce subito il buon umore. Questi 500 metri non passano mai, sembrano km. Ecco che il cellulare squilla di nuovo, stavolta è Cicino, anche lui vuol sapere a che punto sono, lui pure è sul corto, contribuisce a buttarmi giù di morale, quando gli dico i km che avevo fatto lui ride e mi dice che non ce la farò mai, comincio a convincermene anche io perdinci. Mi raggiungono due ragazzi, uno è del forum, l'altro è Sloveno, camminiamo insieme, ecco che il panorama si apre, forse ci siamo, forse la salita è finita, forse la tortura è terminata, il nemico si è convinto che non parlerò nemmeno con la tortura ed ha deciso di lasciarmi andare. Risalgo in sella, ma sento che le gambe non ne vogliono sapere di pedalare, sono al 36mo km solo 36 maledetti km, eppure è un secolo che pedalo, amara cocente delusione, non c'è un elemento uno che sia uno che mi rallegri. Per circa un km si pedala in falso piano siamo in tre, tre anime disperate alla ricerca di un anima buona che con la bacchetta magica ci resusciti. Qui siamo in altura, siamo di poco sopra i 2000 metri, una bella vallata, rasserena l'animo, ma da un lato mi godo il panorama, dall'altro mi viene da piangere, ho una sete boia, non mi rendo più conto di dove cavolo sono, sò che devo arrivare al Pordoi, quindi penso che il peggio è passato. Uno dei due ragazzi mi chiede se sono Bikersgiant ovvero il Toro dell'Adriatico e quando gli chiedo da cosa lo deduci? Lui mi dice che aveva sentito la telefonata in dialetto con Cicino, e siccome leggeva sempre le nostre cavolate su www.mtb-forum.it ha associato subito il fatto che la mia divisa fosse del G.S. Avis Bike Cingoli con il fatto che io fossi il divino Toro dell'Adriatico. Ah ah ah la cosa mi ha fatto sorridere e convinto che tutto sommato nonostante il dolore alle gambe, i vuoti di stomaco, le labbra screpolate dal sole e dal freddo, queste cose vale la pena farle per l'amicizia che nasce tra persone che altrimenti non incontreresti mai. Anche loro hann sete e sono stremati, troviamo un rigagnolo d'acqua che dalla roccia scende limpida e scorre lungo il prato, non mi frega nulla mi sdraio e bevo come bevono le mucche al pascolo, è troppa l'arsura, e poi l'uomo del Similaun come beveva?

Finita la salita dell'Ornella il panorama torna fantastico


Stremato, disidratato, voglio acqua :))
Ripartiamo tutti e tre, convinto io che il peggio sia passato, pedaliamo, gli altri due però rimangono indietro nuovamente, proseguo da solo ammirando il panorama, il sole se na va dietro le nubi, manca un quarto d'ora alle 14.00 eppure sembra più tardi perdinci, sto cominciando a perdere la cognizione del tempo in mezzo a quei monti, l'aria è fresca anzi freschina un bel pò, poi alzando lo sguardo dopo aver goduto dei panorami mi rendo conto che ancora devo soffrire perdinci, non può essere la strada sale ancora, solo che non riesco a capire fin dove salga, di alberi nemmeno l'ombra, solo cime maestose, impressionanti come la salita che ho davanti a me, che Dio me la mandi buona, stavolta mi butto lungo per terra sperando che qualche stambecco si impietosisca e chiami i soccorsi.
Il panorama è favoloso

Fantastico
Come si può vedere dalle foto sopra il panorama è stupendo, per un attimo si dimentica lo smog, la frenesia di tutti i giorni, le cagnare, le incazzature, la stanchezza, ma poi ahimè mi volto, guardo davanti a me, alzo lo sguardo, e torno rapidamente alla realtà, salita salita salita ancora salita soltanto salita, ed il bello è che non capisco dove finisca sta salita, non riesco a percepire la direzione esatta, devo forse scollinare sulla sinistra? Spero di no, sarebbe un suicidio, spero dentro di me vivamente che finisca presto sta schifosa salita.
A vederla così la salita non finisce più
Davanti a me la strada sale, ma quanto sale?

A questo punto non mi rimane che andare avanti, la salita dell'Ornella dovrebbe essere finita, ora dovrei arrivare al Pordoi, ma il Sourasass? Dove sta il Sourasass? Mi sfuggiva, nelle cartine lette nei giorni precedenti c'era anche questo nome che non ispirava nulla di buono. L'ho superato? O deve ancora arrivare? Non ci capisco più una mazza, la parola d'ordine è andare avanti a testa bassa. Comincia il secondo calvario di giornata, la strada si impenna, la temperatura è fresca, sento che le forze se ne stanno miseramente andando, voglio ancora acqua, la testa mi sfarfalla, tutto penso meno che a gareggiare, se prendo quello della motoscopa lo faccio ruzzolare giù per il costone, non ne posso più. La pendenza è notevole anche qui, pedalo col rampichino, il 22 per 28 si fa sentire negativamente, decido di scendere ancora, il sole non c'è più siamo ormai alle 14.30 circa, la temperatura si è abbassata ancora, vedo in lontananza l'energy point che segnalavano sulle carte, avranno dell'acqua, qualcosa che non siano barrette da mettere sotto i denti, spingo a piedi mi guardo dietro, lo scenario è imponente, siamo ben oltre i 2000 metri di altezza, il cuore pompa al massimo, devo arrivare a quella specie di ristoro a tutti i costi. Finalmente ci arrivo, rimango deluso, l'aria è gelida, è rimasta solo acqua in taniche, ne prendo due bicchieri e riempo la borraccia, mentre bevo il primo bicchiere sento che l'acqua è gelida, cavolo penso tra me e me qui mi becco una congestione, mi sciacquo la bocca e risputo l'acqua e decido di ripartire, un breve tratto in discesa e poi si risale ancora, mi accorgo che comincia a sfiocchettare, per un secondo ripenso alla storica edizione della Dolomiti SUperbike dove venimmo presi te una bufera di neve l'11 luglio, poi guardando il cielo mi rendo conto che non ci sono i resupposti, mentre invece vedo in lontananza il Pordoi, finalmente lo vedo, ci devo arrivare prima che chiudano il cancelletto.
Voltandomi indietro
Dopo un lungo agonizzare finalmente vedo la strada che va in discesa, forse è finita, l'altimetro segna 2346 metri di altitudine, il contachilometri invece segna 40km, questa scalata era il Sourasass, ora ho scoperto cosa sia, ne avrei fatto volentieri a meno. MI butto giù in discesa, spero di riacciuffare quel paio di bikers che avevo davanti visto che quei due dietro li ho seminati.


 Un quad dell'organizzazione mi sorpassa facendomi mangiare un sacco di polvere, non vi dico le imprecazioni, ma subito inizia un bel single trek che mi ripaga della fatica fatta finora, addirittura passiamo su un tratto dove ancora c'è della neve.
Neve lungo il single trek

Il single treck è bello divertente a tratti impegnativo, finalmente si scende non più salita anche se non sò fino a quando potrò approfittare della discesa. Io sono sfinito e dalla foto si vede molto bene


Sono davvero cotto


Dopo 3 km circa di discesa, si sbuca su asfalto sotto il Pordoi, finalmente il Pordoi, finalmente ci siamo, dopo 3 km di salita su asfalto arrivo a Passo Pordoi, il tappetino elettronico ancora c'è non sono squalificato, sono le 15.00, il tavolo del ristoro c'è ancora, ci sono panini, acqua e sali, mele.
Decido di spararmi un panino col prosciutto, e dissetarmi. E' come se mettessi benzina nel motore, le barrette energetiche non hanno più effetto, non mi soddisfano più, il panino col prosciutto oltre che essere buono, mi ridà carica, sia mentale che fisica. Mangio, bevo e vedendo che gli addetti al cronometraggio elettronico stanno smontando la postazione, rimonto in sella immediatamente prendendo la direzione per Canazei.
Il tipo della motoscopa mentre sgranocchio il panino continua a mettermi mille dubbi, continua a martellarmi col fatto che c'è ancora tanta strada, che la Val Duron è micidiale, che finirò fuori tempo massimo etc etc etc. Gli dico che a Canazei deciderò cosa fare, tra me e me mi dico così per qualche km sto tritap.....e se ne sta zitto e buono. Riparto e dopo un breve tratto asfaltato prendo lo sterrato in discesa, scendo a tutta cercando di non beccare qualche radice insidiosa, o qualche buca nascosta. La discesa è sempre una bella cosa, ma troppa gente ho visto in questi anni farsi male per troppa confidenza con il mezzo. Mai fidarsi troppo, mai abbassare la guardia. Continuo a scendere, finalmente dopo tanto tribolare un pò di divertimento. Poi la motoscopa mi fa tornare su asfalto, e dopo un pò di discesa, mi raggiunge chiedendomi scusa e dicendomi che mi aveva fatto sbagliare strada, così torno un pò indietro e riprendo il giusto sentiero che mi porterà fino a Canazei. Finalmente davanti a me vedo un paio di biker, sono loro, quei due che mi avevano staccato sulla salita del Sourasass, li punto nell'ultimo tratto in discesa, arrivo a ruota, seguo la loro scia ed al primo slargo li infilo entrambi superandoli. Arrivo a Canazei dove sono costretto a fermarmi perchè le insegne erano state tolte e la moto scopa mi raggiunge indicandomi la strada per Campitello di Fassa, non prima però di avermi ricordato quanti km mancassero all'arrivo, e chiedendomi se fossi davvero convinto a finire la gara. Su asfalto, lungo la strada per Campitello vado a tutta, ma perdo di nuovo i due biker, sono davanti a me ma non li vedo, poi arrivato a Campitello di Fassa li vedo circa 400 metri davanti a me, stannoandando in salita verso la Val Duron, inizio anche io per quella strada poi comincio a pensare a quello che il tipo della motoscopa va dicendomi da km, ovvero che da qui in poi è tutto fuori strada per cui se dovessi scoppiare di colpo, sarebbe difficile farmi caricare da qualcuno, dovrei tornare indietro fino a Campitello di Fassa, d'altronde non potrei nemmeno chiedere ai miei amici di venirmi a prendere con l'auto visto che questo tratto è tutto sterrato percorribile credo si e no solo da un fuoristrada. Pedalo e ragiono, ragiono e pedalo, insomma comincio a ragionare sul fatto che sono al 61mo km e che forse visto che le forze stanno scemando, sarebbe più saggio ritirarsi ora, d'altronde 61 km fatti, i posti più belli attraversati, meglio ritirarsi i buon ordine che scoppiare di colpo.
Alla fine mi fermo e dico alla moto scopa, ok giovane l'hai vinta tu, preferisco ritirarmi finchè sono in tempo, prosegui pure senza di me.
Giro la bici e me ne torno a Campitello di Fassa, qui mi fermo e chiamo Dick al cellulare, chiedo di mandare qualcuno a recuperarmi, lui mi chiede di cominciare ad avviarmi in bici perchè così li incontro per strada.

Mi incammino pedalando verso Canazei, poi comincio a salire verso Passo Gardena, alla fine quando incontro Dick e Natale ho percorso almeno altri 10km, forse avessi proseguito l'avrei anche finita.
Carichiamo la bici e ce ne torniamo al garnì. Stanchissimo, faccio una bella doccia, poi esco con gli amici per andare al centro di Selva, incontro Cicino che subito comincia a godere sfottendomi e rivendicando il fatto di aver vinto la scommessa. In effetti ho fallito l'obiettivo, però mi consolo per il fatto che ho affrontato l'avventura con solo 1200 km sulle gambe e con una bici che pesa almeno 3/4 km più delle altre e che monta rapporti da paura, basti pensare che il mio rampichino è il 22 x 28, questo la dice lunga su quanto sia duro spingere in salita con la mia mtb.
Finisce così con un pò di amaro in bocca una bella avventura, un avventura desiderata per mesi, una pedalata magnifica immersi nella natura insieme a 1500 altri pazzi come noi. Un weekend all'insegna dell'allegria, dell'amiciza e della spensieratezza. Consiglio a tutti di iniziare a praticare questo sport, è un ottimo corroborante per la salute non solo fisica ma anche mentale.
Bilancio finale sicuramente positivo se non fosse per l'opera incompiuta, ma non è escluso che nel 2012 mi rivedranno ancora lassù.
La serata finisce con una bella cena tra tutti i bikers del G.S. Avis Bike Cingoli, si sparano scemenze, frottole, sfottò, si raccontano momenti della gara, tutti entusiasti della giornata. Dopo cena l'aria è molto fresca, facciamo una passeggiata lungo il paese ma poi decidiamo di andare a nanna, io personalmente sono stanchissimo e ne ho davvero un gran bisogno. Al mattino successivo tutti svegli, subito a fare colazione e poi preparazione delle borsone, decidiamo di ripartire poco prima di pranzo e pranzare in autostrada, d'altronde Enrico si era portato un salamino casareccio e ne approfittiamo per mangiarcelo durante una sosta in autogrill sulla via del ritorno. A metà pomeriggio rieccoci nuovamente a casa. Finalmente cena e poi dritto a nanna. Un peccato davvero non averla terminata, ma sarà la prossima volta quella buona.